Un fantasma in gola esplora la femminilità e il desiderio. Doireann Ní Ghríofa racconta la maternità nella sua dimensione universale, e ne fa metafora della scrittura capace di ricucire le ferite più intime e creare echi tra universi lontani: un’opera sul suono che allontana e unisce l’ultimo sospiro di un uomo che muore e il primo vagito di una nuova vita.
Dopo aver avuto tre figli in pochi anni, l’autrice ha adattato la propria vita su quella dei suoi bambini: poppate, pappe da preparare, viaggi in macchina verso scuola e ritorno, cartoni animati e sonni sempre troppo brevi. Un’esistenza fatta di liste da spuntare giorno dopo giorno, e un corpo trasformatosi radicalmente per farne crescere altri. Una routine colma di abnegazione, come quella di tanti genitori. Questo fino a quando non si imbatte nella voce di una poetessa, anch’essa madre, protagonista di un antico lamento in versi sulla morte del proprio amato, e qualcosa in lei inizia misteriosamente a risuonare. Aveva già letto quel poema da bambina, e poi ancora da adolescente, ma questa nuova lettura la penetra in modo inaspettato e si tramuta in un’ossessione, fino a farle confondere parole, sguardi, passi con quelli dell’altra donna; i volti dei rispettivi figli, i reciproci sacrifici.
Una possessione letteraria, l’unico modo per liberarsi dalla quale si rivelerà abbracciarla e immergervisi: visitare i luoghi in cui l’altra ha vissuto e sofferto, indagare le proprie scelte di donna e madre, mettere in discussione i pilastri stessi su cui poggia il proprio mondo.
Traduzione di Claudia Durastanti
Doireann Ní Ghríofa (Galway, 1981) è una scrittrice e poetessa irlandese, autrice di diverse raccolte di poesie, tra le quali ricordiamo Lies (2018) e To Star the Dark (2021). Per Un fantasma in gola, la sua prima opera in prosa, le sono stati conferiti nel 2020 il James Tait Black Memorial Prize e l’Irish Book Award come miglior libro dell’anno.
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