Sono molte le strade che compongono la vita di Gaia van der Esch: ci sono le strade di campagna di Anguillara Sabazia, dove ha vissuto la sua infanzia con il fratello, il padre olandese e la madre lombarda; quelle lastricate di sampietrini del liceo e dell’università a Roma; le autostrade verso casa dei nonni nell’hinterland milanese. E poi ci sono le strade che l’hanno portata per dodici anni lontano dall’Italia, tra studio e missioni internazionali, in Germania, Francia, Belgio, Tanzania, Giordania, Iraq, Svizzera e Stati Uniti. Così, quando si è trovata a ragionare sulla sua identità di italiana e su cosa significhi davvero quella parola stampata sul passaporto che tiene vicino al letto, è stato naturale per lei salire a bordo della Fiat 600 di sua nonna e cercare risposta lungo le strade della penisola. L’impresa è ambiziosa: attraversare l’Italia armata solamente di un questionario e un bloc-notes e intervistare le persone che incontra per tentare di capire chi sono, cosa vogliono e cosa temono gli italiani di oggi.
Dalla Sicilia a Trento, dalla periferia di Milano al Golfo di Napoli, come nei Comizi d’amore di Pasolini il suo racconto di ricerca personale diventa, curva dopo curva, un’appassionante narrazione collettiva di luoghi e persone: le pagine del taccuino si trasformano in coro di voci in cui a prendere la parola sono di volta in volta studenti entusiasti dell’Erasmus e pensionati scontenti della politica, arbëreshë calabresi gelosi della propria cultura e novantottenni innamorate dell’Europa, ristoratori che vedono i migranti come una minaccia e ragazzini che vivono ogni giorno l’integrazione giocando sotto i portici. A metà tra reportage e saggio narrativo, Volti d’Italia è il ritratto in prima persona di un popolo inquieto e vitale, deluso dal presente e orgoglioso del passato, desideroso di cambiare e scoraggiato dalla possibilità di farcela. Un popolo con gli occhi aperti nella notte triste, ma che comunque, in qualche modo, resiste.