Ci sono occasioni nelle quali l’incontro intellettuale fra un artista e un critico – per separare artificialmente due ruoli spesso inscindibili – si realizza nel segno di una concordanza che è vera corrispondenza di intenti e sensi, capace di generare un circolo virtuoso creativo destinato a lasciare duratura impronta di sé. Il Novecento ci ha consegnato luminosi esempi di legami simili, da quello che unì Gianfranco Contini a Eugenio Montale allo stretto sodalizio fra Maurice Blanchot e Georges Bataille, passando per la familiarità talora turbinosa di Emilio Cecchi e Mario Praz e l’affinità davvero elettiva fra Jean-Paul Manganaro e Carmelo Bene.
La «complicità» fra Stefano Agosti e Andrea Zanzotto è, fra queste intese, una delle più feconde e durature, se è vero che il primo saggio dedicato da Agosti al poeta suo conterraneo – Zanzotto nasce a Pieve di Soligo, in provincia di Treviso; Stefano Agosti a Caprino Veronese, accanto al lago di Garda – risale al 1969, solo un anno dopo la pubblicazione di quella
Beltà che della poesia italiana contemporanea rappresenta un autentico spartiacque: al suo apparire la raccolta di Zanzotto sovvertì l’ordine tradizionale della letteratura facendo propria non solo la nozione di arbitrarietà del segno linguistico – introdotta da Ferdinand de Saussure nel
Corso di linguistica generale, che proprio in quegli anni sconvolgeva le nozioni acquisite del linguaggio –, ma anche quella proposta da Lacan, genuinamente rivoluzionaria, di priorità del significante sul significato. È allora proprio il significante, nella
Beltà, a presiedere al reale o, per dirla in altri termini, è il mondo a ruotare intorno alla lingua, persino a esserne creato.
Con la profondità critica che da sempre contraddistingue i suoi studi – unita qui a una compartecipazione affettiva che non depotenzia, e anzi mette a fuoco la precisione analitica –, Stefano Agosti scandaglia e illumina di senso una fra le esperienze poetiche più rigorose e ardue della nostra contemporaneità, facendone affiorare costellazioni simboliche e sotterranee analogie, tramature foniche ricorrenti e fondamenta teoriche, tracciando una mappa che si dimostrerà irrinunciabile per chiunque voglia avvicinarsi alla poesia di Andrea Zanzotto.
Stefano Agosti
Stefano Agosti è professore emerito dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Realtà e metafora. Indagini sulla «Recherche» (Feltrinelli, 1997), La parola fuori di sé. Scritti su Pasolini (Manni, 2004), Il romanzo francese dell’Ottocento (il Mulino, 2010; premio Francesco De Sanctis per la critica letteraria) e Una lunga complicità. Scritti su Andrea Zanzotto (il Saggiatore, 2015). Il governo francese lo ha insignito dell’onorificenza della Legion d’Onore.
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Stefano Agosti, carta d'identità
Robinson - La Repubblica
16 dicembre 2018
16 dicembre 2018