Un padre, una madre, sei figli. Una famiglia destinata alla morte dalla follia nazista. Solo Piera sopravviverà e scriverà il diario della sua discesa all’inferno. Un memoriale meditato, custodito per anni nel territorio del ricordo prima di coagularsi nelle frasi acuminate, nitide e amare del racconto di una realtà che va in pezzi.
Nelle pagine di Piera Sonnino sono evocate le origini della famiglia, i paesaggi scarni della Liguria, il progressivo inasprirsi delle leggi razziali durante il Ventennio fascista. E il rapido precipitare degli eventi: notizie confuse dalla Germania, l’incredulità per l’orrore che irrompe nella vita quotidiana, la deportazione, la diaspora familiare. Piera viene separata dai fratelli; deve sopravvivere da sola ad Auschwitz, in un mondo di gelo, fango, fame e compagni caduti. Deve rimanere lucida, attaccarsi all’ultima scintilla di vita nella speranza di rivedere i propri cari: è l’unica possibilità di salvezza. Tornata a casa, compie un doloroso esercizio di memoria e fissa sulla carta le indicibili sofferenze provate sulla propria pelle. Quarant’anni dopo le sue figlie consegnano alle stampe il manoscritto di Questo è stato, perché tutti l’abbiano come bussola a cui affidarsi quando l’oblio sembra offuscare le lezioni della Storia imparate a caro prezzo.
«Chi ascolta un superstite dell’Olocausto diventa a sua volta un testimone» ha detto Elie Wiesel: la scrittura di Piera Sonnino evoca immagini chiare, muta l’indifferenza in partecipazione; soprattutto, ci fa ritrovare l’unicità dell’essere umano, capace di indossare la maschera del carnefice, ma anche di riscattarsi con la forza di volontà e la potenza del ricordo.
A cura di Giacomo Papi
Prefazione di Enrico Deaglio
Piera Sonnino, nata a Portici nel 1922, ha vissuto a Genova fino allo sfollamento dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Nell'ottobre 1944 ha subito l'arresto e la deportazione, prima ad Auschwitz, poi a Bergen Belsen e Braunschweig. Unica sopravvissuta di una famiglia di otto persone, nel 1950 fa ritorno a Genova, dove sposa Antonio Gaetano Parodi, giornalista dell'Unità e ha due figlie. Muore l'11 maggio 1999.
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