L’incubo del campo di concentramento, visto dagli occhi sbigottiti di un bambino; il difficile ritorno alla vita quotidiana nella Romania del dopoguerra, sotto un regime inquisitorio e ridicolo insieme; la maturità solitaria in cerca di speranza e salvezza dallo spazio angusto di un’altra dittatura. La memoria, con le sue ferite mai sanate. È questo l’orizzonte esistenziale dei racconti di Norman Manea. La persecuzione razziale, il conflitto, il senso perduto degli eventi e dei legami umani pongono lo scrittore in una dimensione spirituale di esilio, riflesso di quello simmetrico che lo portò, a soli cinque anni, a essere rinchiuso in un lager in Ucraina perché ebreo, e che da adulto, vittima del regime comunista, lo costringerà a emigrare negli Stati Uniti. Ma dal caos e dalla disperazione, talvolta, può nascere il riscatto: bagliori di speranza, gesti di sfida, momenti di epifania poetica costellano la raccolta di Manea. Le sue prose brevi sono altrettante Varianti di un autoritratto, quello di uno scrittore spesso accostato a Robert Musil ed Elias Canetti, grande voce del Novecento e testimone delle sue più spietate tragedie. Avvolti da cupe atmosfere kafkiane, ma sempre venati da un’inconfondibile ironia yiddish, i racconti si riuniscono in un solo vivo organismo grazie alla scrittura di Manea, capace di un'ampia varietà di registri, preciso e sfumato, allusivo e impetuoso, uno stile che proietta su oggetti e volti la luce simbolica della parabola e del sogno. Nel vortice continuo e inestricabile delle immagini, il dato biografi co si intreccia alla Grande Storia, mentre l’autore si fa interprete del dramma umano dello sradicamento, fisico ed emotivo. Come a voler dire: non dimentichiamo le nostre origini, i luoghi natii, la lingua madre, altrimenti saremo ineluttabilmente perduti.
Norman Manea (Suceava, 1936) è uno dei più importanti scrittori romeni dell’ultimo secolo, le cui opere sono state tradotte in più di trenta lingue. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra i quali il MacArthur Fellows Award (1992), il Guggenheim Grant (1992), il National Jewish Book Award (1993), il premio Nonino (2002), il premio Napoli 2004) e il Nelly Sachs Prize (2011). Il Saggiatore ha pubblicato, tra gli altri, Il ritorno dell’huligano (2012), Al di là della montagna (2012), Conversazioni in esilio (2012), Varianti di un autoritratto (2015) e Corriere dell’Est (2017).
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