La meraviglia per la bellezza di un panorama è impensabile per gli uomini del Quattro e Cinquecento: il loro occhio coglie più la concretezza ambientale e la realtà della geografia umana che l’incanto estetico. È un’Italia, la loro, di cose e di genti, di mestieri e di antimestieri, di affari e di malaffari, una lunga sfilata di oggetti, manufatti, prodotti, attività, messa a fuoco e identificata non dal nobile senso della vista ma da quelli più popolari del tatto, del gusto, dell’olfatto. L’acquisizione culturale del paesaggio nasce in seguito, lentamente e faticosamente, e così la contemplazione disinteressata per gli ineffabili piaceri dello spirito, giustificate o indebite rêveries da consumare in morbidi circuiti suggestivi, perfino momenti di ascesi e alta meditazione religiosa.
Piero Camporesi, servendosi di una ricca messe di fonti letterarie tardomedievali, umanistiche e rinascimentali, e con la consueta inventività di scrittura, racconta come nasce l’attenzione per l’ambiente e come cambia la percezione del paesaggio in età premoderna. Il mare, da superba e minacciosa distesa, si trasforma in amena e talvolta sensuale località per la villeggiatura; la promozione borghese della montagna – coadiuvata dall’estetica del sublime – fa di quell’aspra verticalità un requisito fondamentale per l’elevazione dello spirito e per l’esame della fragilità umana. Se un tempo chi doveva affrontare la necessaria ma non desiderata avventura di un viaggio entrava nelle chiese dell’alacre e produttiva Milano, di Firenze la bella o della studiosa Bologna per devozione di pellegrino, il turista dell’Otto e Novecento lo fa per vedere la magnificenza delle città italiane: solo allora l’impero dei sensi che ha nell’occhio il suo fondatore può considerarsi creato.
Con Le belle contrade, libro arioso e luminoso come una flânerie pomeridiana, il Saggiatore prosegue il progetto di ripubblicazione del corpus delle opere di Camporesi, avviato dal Pane selvaggio, e rende al pubblico un altro grande capitolo della ricostruzione della sensibilità comune nella transizione dall’età premoderna al contemporaneo.
Prefazione di Giorgio Boatti
Piero Camporesi (Forlì 1926 - Bologna 1997) è stato un filologo, storico e antropologo italiano. Ha insegnato Letteratura italiana presso la facoltà di Lettere dell’Università di Bologna. Tra i saggisti italiani più conosciuti al mondo, i suoi libri sono stati tradotti nei principali paesi europei, negli Stati Uniti, in Brasile e in Giappone. Il Saggiatore ha pubblicato Il pane selvaggio (2016), Le belle contrade (2016), Il sugo della vita (2017), Il brodo indiano (2017), La casa dell’eternità (2018), I balsami di Venere (2019), Le vie del latte (2020), Camminare il mondo (2021), Il governo del corpo (2022) e La maschera di Bertoldo (2022) e Il palazzo e il cantimbanco (2023).
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