Scrivere di New York è come scrivere sull’acqua. L’unico modo per capirla e raccontarla a fondo è esplorarne le necessità, liberarne la poesia: scovarne l’anima nell’assenza. È con questa idea che Phillip Lopate, scrittore e intellettuale newyorkese devoto alla propria città e alla sua cultura, intraprende un inconsueto vagabondaggio perimetrale intorno a Manhattan, partendo dal grande fantasma della New York odierna: il porto. Tutta la sua ricchezza è nata da quelle banchine ormai in disuso, eppure la città, come se ne percepisse ancora gli odori, le grida, il pericolo, i bordelli, gli ha voltato le spalle. E invece è proprio lì che Lopate capta il genius loci dell’isola, e la passeggiata si rivela illuminante: i litorali dello Hudson e dell’East River sono i luoghi dove le stratificazioni di innumerevoli vicende umane, passioni artistiche e decisioni economiche e politiche prese nel corso dei secoli hanno lasciato le tracce più profonde. Allo sguardo attento di Lopate, il lungofiume svela il carattere insolente, ribelle e irrequieto di New York, che emerge dai misteri del ponte di Brooklyn, dai progetti di riqualificazione del territorio, dalle battaglie tra i nativi, dagli interventi del potente urbanista Robert Moses, dalle passeggiate di Melville e dallo sguardo nostalgico di Elia Kazan. Concepito come agile volumetto sui percorsi lungo il perimetro dell’isola, I segreti di Manhattan si è presto trasformato in un divertente e consapevole pastiche di storia, folklore, politica, avventura, memoir, critica architettonica, letteraria e cinematografica, «e chissà cos’altro ancora», ma soprattutto in uno strumento straordinario per chi vuole conoscere davvero a fondo New York. Nel tentativo di abbracciare il soggetto del suo racconto, Lopate ne è stato presto conquistato: Manhattan gli ha spalancato le porte costringendolo a entrare, e il risultato è un testo elegante, poetico, l’affresco che solo un innamorato poteva dipingere. New York, come ogni grande seduttrice, non la si può catturare senza rimanerne conquistati.
Phillip Lopate è nato a New York nel 1943. Ha pubblicato nove libri ed è stato curatore di alcune antologie di saggi e racconti, tra cui Writing New York (1998). In Italia è uscito L’arte di aspettare e altri saggi (Gaffi, 2007). Collabora come critico di cinema, letteratura e architettura con diverse testate, tra cui il New York Times, la Paris Review, Esquire e Vogue. Insegna alla Hofstra University e vive a Brooklyn con la moglie e la figlia.
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