«Etere Divino, carne o non carne?» «Non è che oceano ciò che c’è in me.» Etere Divino nasce, e nascendo genera il mondo in cui viene al mondo. Etere Divino, astro di terracotta, singolarità gravitazionale, si muove in questo mondo creato da sé medesimo – un po’ Walser un po’ flaneur – e il mondo si fa intorno a lui, così che si dispiega davanti al lettore un universo che nasce, si espande, va morendo; un universo a cui capita, per clinamina imprevedibili, di essere il nostro. Al centro di questo poema cosmogonico, punto omega delle sue costellazioni immaginali, sta Etere Divino: incontra la morte ma la dimentica, sperimenta il sacro rigettando però il barocco, saetta furioso sopra mari salgariani e infine – protagonista della più celebre e imitata delle catabasi letterarie – rinasce al mondo pronto per l’esperienza del tragico, che dell’esistenza innocente degli inizi è il puntuale, necessario, doloroso controcanto. Etere Divino è un congegno testuale che, ora aprendosi in diastole vertiginose e immaginifiche, ora contraendosi nelle sistole di una lingua densissima ma pronta ad accogliere il proprio sfacelo, porta il lettore a fare, attraverso la lettura, esperienza di sé nel tempo. E di quel tempo assoluto in cui le categorie di presente, passato, futuro, prima e dopo smettono di avere significato che è il tempo della letteratura: vivono allora in queste pagine Esiodo e Kafka, Eschilo e Melville, poi Omero, Dante e Shakespeare, Leopardi, Carmelo Bene, tappe erratiche di un’odissea contemporanea che è anche, e prima di tutto, odissea della lingua. Prosa se la natura della poesia si identifica nel suo darsi per versi; poesia se la radice della poeticità è la «sublime esitazione fra il senso e il suono», Etere Divino stupisce per l’imprevedibilità dei toni e delle soluzioni, dimostrando per virtù stessa della propria esistenza l’imperfezione e l’obsolescenza di generi e registri letterari, diaframmi che dividono, veli che separano la lingua dall’assolutezza che, sola, è vera cifra della letteratura.
Giuseppe Genna (Milano, 1969) è autore di net.gener@tion, Catrame, Assalto a un tempo devastato e vile, Nel nome di Ishmael, Non toccare la pelle del drago e Grande Madre Rossa (Mondadori). Con Monina e Parazzoli, ha scritto I demoni e con Domanin Forget Domani! (peQuod). Gestisce il sito letterario www.miserabili.com.
scopri di più sull'autoreAndrea Gentile (Isernia, 1985) è autore de L'impero familiare delle tenebre future (Il Saggiatore 2012) e Volevo tutto. La vita nuova (Rizzoli 2014).
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