Nel febbraio del 1962 Allen Ginsberg sbarca a Bombay insieme al poeta Peter Orlovsky, suo compagno di una vita. È la tappa decisiva di un lungo viaggio iniziato nel 1961 a Parigi e proseguito a Tangeri, in Grecia, Israele e Kenya. Resteranno in India fino al maggio del 1963.
Da quel «mondo delle meraviglie in cui l’Uomo sa di essere in sogno» nasceranno le pagine del libro-archetipo di tutti i viaggi in India, lontano dalla meticolosità del diario e capace di trasfigurare la realtà con lo sguardo fervido e trasognato del poeta. Ginsberg, assetato di religioni, tradizioni e paesaggio, osserva con lo stesso rapimento le pire accese sulle rive del Gange – avvolte da una nebbia rossastra e sulfurea –, le fumerie d’oppio e una tazza da tè annerita dal tempo, appesa a un chiodo su un muro ammuffito.
Attraverso il caleidoscopio partecipe, vorace e allucinato di Ginsberg, l’India si mescola costantemente all’America, «strabica creatrice del Mondo Moderno». È così che la Statua della Libertà si trasforma, in una visione caustica e carnevalesca, nel corpo della dea Kālī, reggendo in ognuna delle sue innumerevoli braccia un simbolo della civiltà occidentale: una sedia elettrica sospesa su Wall Street, un razzo spaziale, uno schermo televisivo. Ed è dall’America lontana che riemerge costante il ricordo dei compagni della Beat Generation: Kerouac, Cassady, Burroughs e Corso.
Ma
Diario indiano – che il Saggiatore presenta in una nuova traduzione corredata dalle fotografie originali di Ginsberg – non è solo il resoconto di un viaggio on the road attraverso un paese enigmatico e antichissimo che sta uscendo dal colonialismo. È un’opera compiuta che documenta la ricerca spirituale di uno degli scrittori più emblematici del Novecento, che avrebbe poi abbracciato il buddhismo. È una contemplazione assorta della morte e un’intensa riflessione sulla scrittura e sull’uomo, affidata a una sorprendente varietà di mezzi espressivi: gli splendidi scatti, i disegni, e soprattutto la poesia, che si alterna alla prosa con il ritmo ininterrotto di un respiro, come in un mantra psichedelico e whitmaniano.
Allen Ginsberg
Allen Ginsberg (1926-1997) è stato uno dei più grandi poeti americani mai vissuti. Il suo incontro con Jack Kerouac e William Burroughs a New York nel 1944 segnò l’inizio della Beat Generation. Delle sue opere il Saggiatore ha pubblicato Papà respiro addio (1997), Morte e fama (2009), Saluti cosmopoliti (2011), Primi Blues (2011), Bloodsong (2013), La caduta dell’America (2014), Urlo & Kaddish (2015), Diario indiano (2015), Non finché vivo (2017), Ode plutonia (2017), Le migliori menti della miagenerazione (2019), la raccolta delle Poesie (2019) e le interviste riunite in Senza filtri (2021).
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Rassegna stampa
Ginsberg. Il beat viaggia verso l'India dove tutto è nato
Avvenire
12 marzo 2016
12 marzo 2016