Sono sei i poeti riuniti alla Six Gallery di San Francisco il 7 ottobre 1955. Sopra tutte si staglia la voce di Allen Ginsberg: «Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte da pazzia». È il primo, celeberrimo verso di Urlo, capace di produrre nella poesia americana lo stesso strappo che William S. Burroughs avrebbe provocato nella prosa. Ballata psichedelica, grido di dolore e protesta contro l’America, feroce matrigna, carezza colma di premura, invito a non dimenticare ciò che è santo e vero nella vita – i versi whitmaniani di Urlo inanellano visioni inaudite: metropoli sulfuree, allegrie strazianti, droghe, deliri, corpi, «taxi sbronzi della Realtà assoluta». Sono le «catene di immagini dardeggianti» di Bob Dylan, l’epos della Beat Generation. Vicino a Urlo, inseparabile, c’è Kaddish, lo struggente lamento funebre per la madre morta in manicomio, il grido di dolore che si trasfigura in canto d’amore. Sono passati sessant’anni da quel primo reading entrato nel mito della letteratura, ma la voce di Allen Ginsberg – che il Saggiatore propone nella traduzione, ormai divenuta un classico, di Luca Fontana – continua a stagliarsi nitida, forte, sopra ogni altra; e noi continuiamo ad ascoltare.
Allen Ginsberg (1926-1997) è stato uno dei più grandi poeti americani mai vissuti. Il suo incontro con Jack Kerouac e William Burroughs a New York nel 1944 segnò l’inizio della Beat Generation. Delle sue opere il Saggiatore ha pubblicato Papà respiro addio (1997), Morte e fama (2009), Saluti cosmopoliti (2011), Primi Blues (2011), Bloodsong (2013), La caduta dell’America (2014), Urlo & Kaddish (2015), Diario indiano (2015), Non finché vivo (2017), Ode plutonia (2017), Le migliori menti della miagenerazione (2019), la raccolta delle Poesie (2019) e le interviste riunite in Senza filtri (2021).
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