Dublino, 1982. C’è un bambino che fissa la finestra del palazzo davanti a quello dei suoi nonni: osserva un uomo che viene portato via in manette dalla Garda, senza dire nulla. Quell’uomo si chiama Malcolm Macarthur, un raffinato frequentatore della società intellettuale cittadina, amante dei papillon in seta, delle giacche in lino e delle buone letture. Macarthur è però soprattutto il responsabile di un duplice omicidio, la cui violenza e insensatezza hanno riempito le pagine dei giornali per mesi, trasformandolo nel ricercato più famoso d’Irlanda: un caso che ha rappresentato un trauma collettivo e uno spartiacque, coniando un nuovo vocabolario e un nuovo immaginario criminale.
Trent'anni dopo, Macarthur è tornato a essere un uomo libero e Mark O’Connell, il bambino che lo fissava intimorito, è diventato uno scrittore. Si incontrano per caso, e subito in O’Connell scatta il desiderio di capire; di raccontare la sua storia come nessuno è ancora riuscito. Ma per farlo dovrà entrare nella tana del «mostro», ascoltarlo, seguire il «filo della violenza» che lega le loro due vite fino alla soglia dell’immedesimazione e della sovrapposizione. Ciò che ne nasce è una discesa nelle oscurità dell’umano in cui ogni passo in avanti è un passo in più nell’ombra: una riflessione sui confini tra verità e finzione, apparenza e inganno, cultura e morte, che si rivela un corpo a corpo con il male, con le sue maschere, con l’abisso che alberga dentro ognuno di noi.
Traduzione di Alessandra Castellazzi
Mark O’Connell (Kilkenny, 1979) è un giornalista e critico irlandese. Scrive su The New York Times Magazine, Slate e The Guardian e ha insegnato Letteratura contemporanea al Trinity College di Dublino. In Italia ha pubblicato Essere una macchina (2018) e, con il Saggiatore, Appunti da un’Apocalisse (2021).
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