Pussy Riot è fede. Pussy Riot è uguaglianza. Pussy Riot è femminismo. Pussy Riot non è sommossa. Pussy Riot non è oltraggio. Pussy Riot non è odio. Questastoria è tutto un grande equivoco. Dalle navate della cattedrale di Mosca, Nadja, Maša e Katja hanno innalzato la loro preghiera punk. Hanno chiesto l’intervento della Vergine Maria per la liberazione da un potere opprimente e corrotto. Nadja, Maša e Katja indossano abiti dai colori fluo e passamontagna acoprire il volto, perché l’attenzione si soffermi sulle idee, non sulla bellezza.
Con le loro performance denunciano lo strapotere del patriarcato, criticano la condotta dissennata di Vladimir Putin e la connivenza della Chiesa ortodossa con il Cremlino. Un’esibizione di quaranta secondi è costata loro una condanna a due anni. Nato grazie al sostegno di Feminist Press, questo libro raccoglie le canzoni, le poesie, le lettere dal carcere, le dichiarazioni processuali delle tre ragazze, le arringhe dei loro avvocati, oltre ai tributi di personalità del mondo della cultura, tra cui Yoko Ono. Un documento unico, la testimonianza diretta di un movimento che ha diviso l’opinione pubblica. Sante o peccatrici? Rivoluzionarie o pedine manovrate nell’ombra? Qualunque sia la risposta, la durezza della repressione dimostra come la musica, l’arte in generale possono ancora rappresentare una minaccia per il potere costituito. La singolarità della preghiera punk riflette l’eccezionalità della protesta delle Pussy Riot: un’esplosione di energia musicale, un urlo che rompe la pace del Tempio e sbatte in faccia alla Russia la sua decadenza.
Pussy Riot è un collettivo punk femminista di Mosca. Fondato nel 2011, si oppone alle scelte politiche del governo russo con performance artistiche pubbliche. Nel febbraio 2012, tre appartenenti al gruppo sono state arrestate dopo essersi esibite nella cattedrale di Cristo Salvatore. Marija Alëchina, Nadežda Tolokonnikova e Ekaterina Samucevič sono rapidamente diventate icone femministe, mentre attivisti e artisti di tutto il mondo si sono interessati all’arresto e al processo. Nonostante il sostegno popolare e l’attenzione dei media russi e internazionali, nell’agosto del 2012 sono state dichiarate colpevoli di «vandalismo motivato da odio religioso e ostilità» e condannate a due anni di reclusione. Al processo d’appello, il 10 ottobre 2012, a Katja è stata concessa la libertà vigilata, mentre Maša e Nadja sono state trasferite in colonie penali, rispettivamente in Siberia e Mordovia.
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