Borgo è un paese di mille anime sull’Appennino, tagliato in due da una provinciale scalcinata e malridotta, ai lati cespugli secchi e alberi rachitici, pezzi di asfalto e scaglie di vetro. A Borgo, ogni giorno tutti passano davanti allo stesso bar, accennano un identico saluto all’unico barista, oltrepassano i soliti cancelli arrugginiti dei pochi palazzi, volgono lo sguardo alla cappella votiva sul ciglio della strada, una madonna asfittica e ingrigita. A Borgo però c’è qualcosa che spezza la monotonia dei gesti e delle abitazioni allungate ai lati della provinciale: uno schiocco secco, reiterato, straziante. Lo schiocco del moncherino usurato della vecchia del paese. Olga, la vecchia storpia che ogni mattina si trascina, sgraziata e maleodorante, a comprare il latte. Poi, un brulicare di donne. Anna, venuta dal Sud per insegnare, ma a Borgo Anna non piace, lei che, con i suoi modi tanto aperti quanto severi, sembra portare una ventata d’aria fresca che il paese non vuole né tantomeno cerca. A Borgo non piace neanche Angela, madre di due bambini costretta a fare le pulizie nelle case dei ricchi per mantenerli; per Borgo, Angela è una madre irresponsabile e una moglie mediocre, che non è stata capace di tenersi stretta il marito. A Borgo non piace nemmeno Agnese, che la mattina si presenta al lavoro con i segni di una violenza domestica che il paese non vuole vedere. A Borgo non piace Delia, che ha il dolore cucito addosso per la morte del figlio, ma il dolore deve essere privato e solitario e nascosto. Più di ogni altra, però, a Borgo non piace Olga. Tra questi personaggi tratteggiati con inusuale grazia e precisione, si fa strada lo schiocco del moncherino della vecchia, che fa virare la storia verso il noir con una vocazione immaginifica che va dalla desolante natura di McCarthy all’orrore silenzioso del David Lynch di Twin Peaks. Con uno stile avvolgente e ipnotico, Per il bene di tutti è un romanzo che mescola il realistico e il simbolico, il tragico e il grottesco, restituendoci uno spaccato della provincia italiana in tutta la sua disarmante e nera complessità.
Giulia Fazzi, nata a Carpi, nel 2005 ha pubblicato il suo primo romanzo, Ferita di guerra, con Gaffi editore, tradotto in Francia dalla casa editrice Gallimard. Suoi racconti sono apparsi nell’antologia Lettere ai politici (Fazi), Tutti giù all’inferno (Giulio Perrone), Laboriosi oroscopi (Ediesse) e su riviste e blog letterari.
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