In un austero collegio religioso, un sacerdote irrompe nella penombra notturna del dormitorio e chiama uno a uno tutti i ragazzi. Il grande orologio segna le quattro meno un quarto: è il Venerdì Santo, l’ultima ora di Nostro Signore. Sopraggiunge la notte più lunga dell’anno, dunque bisogna vegliare. Il tredicenne Richard e i suoi compagni si dirigono, ridendo sottovoce, verso la cappella della scuola. Qui, tra l’odore d’incenso e il mormorio delle preghiere, Richard ha la possibilità di ricordare i momenti cruciali della sua vita: la perdita del padre, il desiderio nascosto di santità che lo ha spinto, più di una volta, a sognare di essere crocifisso insieme a Gesù, la vanità della sua giovinezza – orgogliosa e testarda come tutte le giovinezze. Una veglia che dura poche ore ma che ha la consistenza dell’eternità, rapinosa e lustrale, in cui si trova a fare i conti con l’ossessione per la morte, respinta con paura e timore, ma anche desiderata, attesa, inseguita come raggiungimento del proprio martirio; per il sesso, in un incompreso, malcerto impulso di liberazione e divieto; e per il riconoscimento della propria individualità. Dall’oscurità della cappella alla luce che trafila da Grotta Bagnata – simbolico eden in cui si rifugia dopo la veglia, dove scorrono acque acquitrinose e sibila il serpente del peccato originale – la notte santa diventa il momento della rinascita interiore, e l’approdo a una libertà vera, originaria, assoluta, vissuta fuori dalle gabbie e dalle imposizioni del cattolicesimo. La veglia all’alba è il racconto, lirico e drammatico, della grande idea americana dell’iniziazione adolescenziale, vissuta come un processo che porta, per mezzo dell’esperienza e del dolore, alla conoscenza adulta e alla maturità. James Agee, autore tra i più significativi del Novecento e contemporaneo cronologico e spirituale di Hemingway, Faulkner, Fitzgerald e Salinger, realizza un’opera in cui autobiografia e finzione si intrecciano continuamente, attraverso una prosa mimetica e lacerante che penetra nei pensieri più claustrofobici del suo personaggio, nel rantolo delle sue ambizioni ascetiche, e ne coglie l’orgoglio, i fallimenti, le scoperte: la tragica lotta interiore che si agita nel cuore delle anime pure.
James Agee (1909-1955), nato a Knoxville, Tennessee, è stato reporter e critico letterario per riviste come Fortune, Time e The Nation. Ha anche lavorato nell'industria cinematografica legando il suo nome a numerose sceneggiature, tra cui La regina d'Africa e La morte corre sul fiume. Tra le sue opere ricordiamo i romanzi Una morte in famiglia (vincitore del premio Pulitzer), La veglia all'alba e la raccolta di poesie Permit Me Voyage.
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