Il personaggio che parla dentro questa operetta, che è una specie di monologo teatrale, è il coprotagonista di un romanzo che si intitola
A Bologna le bici erano come i cani (uscito, nel 2010, per Ediciclo), ed è un signore di quasi ottant’anni che si chiama Benito e che ha fatto, per tutta la vita, il meccanico di biciclette, e che ha delle mani grosse con delle dita enormi che sembra che abbiano ancora tutta la loro forza, delle dita che a guardarle vien
da pensare che devono aver sofferto molto a essere andate in pensione, delle dita che sembrano sporche di quello sporco che non viene mai via neanche con la pasta che hanno i meccanici per lavare le mani, uno sporco di morchia che si è depositato da anni ma non è quello, che fa impressione, è il dispiacere: sembra di sentire il dispiacere delle dita per non essere più impegnate tutto il giorno a girare dei cacciavite e delle chiavi a tubo, e dovere invece voltare dei fogli di giornale, o prendere delle tazzine di caffè, o portare delle borse della spesa, che sono occupazioni che costringono Benito a pensare a una cosa alla quale sta pensando da trent’anni senza poterla dire a nessuno.
La trasformazione in monologo della parte del romanzo in cui parla Benito ha comportato diversi cambiamenti, che ci sembra giustifichino la pubblicazione di questa operetta per conto proprio e con un titolo nuovo,
La Svizzera (qui si parla in particolare del cosiddetto canton Ticino).
Paolo Nori
Paolo Nori, che è nato a Parma nel 1963 e abita a Casalecchio di Reno, quando gli chiedono che mestiere fa lui dice che scrive dei libri.
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