Il linguaggio, la creazione linguistica e la decodificazione del valore segnico sono da sempre punti cruciali della critica letteraria. Il Novecento italiano, pervaso, talvolta ulcerato, dalle sperimentazioni espressive del crepuscolarismo, del futurismo, del simbolismo, dell’ermetismo e del neorealismo – soltanto per evocare uno spettrogramma del più irriducibile dei secoli letterari –, è un tessuto epiteliale straordinario nel quale affondare i bisturi dell’ermeneutica. Tra le molte possibilità di ricerca che questo secolo apre all’esegesi contemporanea, quella sul linguaggio di Carlo Emilio Gadda è una delle più ardue e prolifiche che un critico possa affrontare. Con un’indagine in cinque atti, Stefano Agosti interroga l’opera gaddiana nell’intento di portare alla luce il grande magma di significazioni che, sotterraneamente, la attraversa. Soprattutto nel Pasticciaccio – un caso unico nella letteratura italiana e, più estesamente, europea – le escursioni linguistiche dell’autore virano verso il massimo grado, frantumando le leges grammaticali e sintattiche, contravvenendo all’equilibrio dei generi, e spingendo la voce narrativa fino alla sua dissipazione. L’approccio al testo gaddiano non può che essere dunque, anche in queste pagine, di decostruzione: Agosti notomizza la disarticolazione narrativa, tradotta dal grande caos della realtà, che sfugge continuamente all’«ordine del discorso»; sonda il perimetro del metadiscorso, esperito sin dalla produzione giovanile dall’autore, come nel Racconto italiano di ignoto del Novecento; analizza la struttura del discorso indiretto libero, mutuato dalle intuizioni di Flaubert prima, e poi dalle rielaborazioni di Zola (soprattutto nell’Assommoir); raggiunge, infine, il culmine dell’esperienza gaddiana: il modello dell’indecidibilità, già presente nei Promessi Sposi manzoniani, dove, scrive Agosti, «il bene e il male, la violenza e la viltà, la bontà e la malvagità, la virtù e il vizio, la Provvidenza e la peste ecc. si trovano a convivere in perfetta simbiosi». Gadda propone una lettura interpretativa rivoluzionaria, che si arrischia a un’approssimazione al testo senza precedenti, nella convinzione che il compito della critica sia decifrare l’alterità che abita il linguaggio, l’irrazionale sottostante al discorso, superando ogni limitazione manualistica e ogni postura accomodante: quello esegetico è un atto che chiede, infatti, di fare continuamente i conti con l’impossibile.
Stefano Agosti (Caprino Veronese, 1930 - Negrar, 2019) è stato un critico letterario, professore emerito dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Cinque analisi. Il testo della poesia (1982), Il romanzo francese dell’Ottocento (2010; premio Francesco De Sanctis per la critica letteraria) e, con il Saggiatore, Una lunga complicità (2015), Gadda (2016), Rimbaud (2017) e Baudelaire (2019).
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