«Una rivoluzione il cui ricordo si conserverà per sempre, ed è ancora sentito da tutte le nazioni della Terra.» Così scriveva Gibbon della caduta di Roma e della fine del mondo antico. Giudizio solenne, e imperativo categorico per lo storico: non sottrarsi al compito maiuscolo di analizzare come movimento complessivo il percorso della compagine umana dalla classicità all’oggi. Perry Anderson risponde con Dall’antichità al feudalesimo, che proprio dalle vicende della Grecia classica ed ellenistica e da quelle della Roma repubblicana e imperiale prende le mosse per esaminare la silenziosa rivoluzione del Medioevo e raccontare la travagliata nascita dell’Europa. Anderson concentra l’analisi di questo snodo cruciale sulla svolta nei modi di produzione. Se lo splendore e l’ottimismo della polis ellenica prima e del mondo romano poi si reggevano grazie al modo di produzione schiavistico, la crisi catastrofica e la conseguente disgregazione dell’impero coincisero con l’avvento in Europa del primitivo modo di produzione degli invasori germanici, nomadico e post-tribale, che si compenetrò e ricompose con l’elemento romano e diede origine al modo di produzione feudale. Fu questo il momento in cui il «sistema Europa» acquistò la sua piena singolarità. In questo classico della ricerca storica, ora ripubblicato dal Saggiatore, antichità e Medioevo cessano di essere i secoli bui degli studi ispirati al materialismo storico e vengono restituiti come passo fondamentale per la storia della società e del potere, ovvero dell’intera civiltà europea.
Perry Anderson (1938) è uno storico e scienziato sociale britannico. È Distinguished Professor of History and Sociology alla University of California, Los Angeles. Fra i suoi libri ricordiamo Il dibattito nel marxismo occidentale (Laterza 1977), Lo stato assoluto (il Saggiatore 2014) e Spectrum. Da destra a sinistra nel mondo delle idee (Baldini Castoldi Dalai Editore 2008).
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