È il 1463, François Villon sparisce. Noto alla giustizia francese per le numerose risse, i reiterati furti e l’omicidio di un religioso, negli ultimi anni ha frequentato principi, poveracci, puttane e preti, vagabondando fra Parigi e la valle della Loira, cercando invano di sopire la sua inquietudine. Dopo l’ennesima condanna, poco prima dell’esecuzione per impiccagione, scompare. Una fuga che crea intorno a lui la fama di poeta bandito, anzi, del primo poeta maledetto. Sparisce lasciando i suoi versi: poesie che sono preghiera, invettiva contro i potenti e celebrazione delle persone disperate ma strenuamente attaccate alla vita. In una nuova traduzione, Roberto Mussapi si confronta con uno dei più grandi poeti di tutti i tempi, restituendo alla sua voce audacia e tenerezza, angoscia e passionalità, smarrimento e grazia.
François Villon nacque a Parigi nel 1431 e dal 1463 fece perdere le sue tracce. Figlio dell’ideale cortese del tardo Medioevo, nelle raccolte Lascito (1456) e Testamento (1461) ne ha stravolto la tradizione grazie a un linguaggio originale e audace e a una nuova e forte passionalità dei temi.
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