La bellezza conforta, riscalda e illumina il nostro percorso di vita. Ma è possibile una bellezza indipendente dal bene, perfino alleata del male? Questo libro risponde di no, in primo luogo negando che le immagini siano paradigma di oggettività, emblema di neutralità descrittiva. Anche quando pensiamo che mostrino la realtà nuda e cruda, senza possibilità d’inganno, sono spesso più ambigue di qualsiasi discorso, e danno origine a discorsi senza fine. Il modo in cui sono costruite, tagliate e contestualizzate afferma un progetto di mondo, di umanità: la figura della tabaccaia felliniana di Amarcord potrebbe non distinguersi dalle «velone» dell’omonimo programma tv, ma racchiude un messaggio radicalmente diverso. Nelle particolari circostanze in cui viene proposta e percepita, un’immagine è portatrice di giudizi. Esprime un’etica, fra le tante possibili. D’altra parte, se «un’immagine vale più di mille parole» è perché può suscitare emozioni intense e rappresentare un vigoroso stimolo all’azione: una bandiera che sventola ha portato al sacrificio milioni di giovani; l’immagine di una donna ha causato duelli e deliri. Nella società di massa il potere, in ogni sua forma, ha imparato a fare delle immagini un formidabile strumento di propaganda; ma una foto come quella che Nick Út scattò ai bambini colpiti dal napalm in Vietnam ha cambiato la storia suscitando un travolgente moto di indignazione contro la guerra. Ispirato dai grandi filosofi occidentali, Ermanno Bencivenga ci guida alla scoperta del significato etico delle immagini, muovendosi sul doppio registro della passione e del giudizio. I numerosi esempi tratti dalla storia dell’arte, dal cinema, dalla pubblicità e dalla cronaca confermano uno dei cardini del pensiero kantiano: il bello è simbolo del bene. Lo può rappresentare in modo diretto, come la Sant’Anna di Leonardo, o in modo indiretto, facendone avvertire la mancanza, come il Giudizio universale di Michelangelo. L’esito è identico: risvegliare in noi il desiderio del bene. E se quello della moralità è un compito interminabile, che si scontra con la consapevolezza della nostra imperfezione, allora la bellezza può riconciliarci con il nostro destino di esseri razionali: può accendere in noi la pace e la speranza prima che al loro posto s’insinuino nostalgia e rimpianto, e il compito ci appaia di nuovo insormontabile.
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