Dopo aver assistito al crollo delle torri gemelle nel 2001 e un anno prima della morte, Edward Said rivendica la possibilità di «criticare l'umanesimo in nome dell'umanesimo». In contrapposizione a un cosmopolitismo elitario e a una deriva nazionalistica chiusa su se stessa, Said rilancia un nuovo umanesimo che recupera la precisione filologica, l'interpretazione critica delle fonti, la sensibilità storica della tradizione umanistica europea, aprendosi al dialogo con culture distanti.
Ripercorrere la storia della cultura con lo sguardo filologico significa per l'autore ricostruire gli intrecci e le condivisioni che caratterizzano i rapporti tra tradizioni diverse, sia pure nella conflittualità, come i rapporti tra mondo arabo, ebraico e cristiano. La filologia, come scienza critica della lettura, risulta quindi fondamentale per una conoscenza umanistica, in quanto antidoto contro lo stravolgimento dei testi sacri e profani quotidianamente operato dal linguaggio del potere e dei media. Inizialmente concepiti per il pubblico accademico, estinatario privilegiato di tutta la sua vita e principale referente del suo insegnamento umanistico, questi scritti presentano un viaggio affascinante fra i testi e le parole. Insieme ad alcune delle voci più autorevoli del dibattito critico-filologico del Novecento Auerbach, Spitzer, Poirier Said definisce i tratti di un nuovo umanesimo militante adeguato a una visione autenticamente universalistica.
Edward W. Said
Edward W. Said (Gerusalemme, 1935 - New York, 2003) è stato scrittore, critico e professore di Inglese e di Letteratura comparata alla Columbia University di New York e ha insegnato in più di 150 università e scuole negli Stati Uniti, in Canada e in Europa. I suoi scritti sono apparsi regolarmente su The Guardian, Le Monde diplomatique e Al-Hayat. Il Saggiatore ha pubblicato Joseph Conrad e la finzione autobiografica (2008), Sullo stile tardo (2009), La questione palestinese (2011) e Paralleli e paradossi (con Daniel Barenboim; 2015).
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