«Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il Poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi.» E veggenti bisogna essere, per afferrare la poesia di Rimbaud. La «sregolatezza di tutti i sensi» è la qualità necessaria e non sostituibile per captare il segnale dei suoi versi. Un oracolo che richiede un altro oracolo per la comprensione del vaticinio. Scrive Rimbaud nelle pagine della Stagione all’inferno dedicate all’Alchimia del verbo: «Inventai il colore delle vocali! – A nera, E bianca, I rossa, O blu, U verde. Regolai la forma e il movimento d’ogni consonante e, con ritmi istintivi, mi lusingai di inventare un verbo poetico accessibile, un giorno o l’altro, a tutti i sensi. […] Scrivevo silenzi, notti, annotavo l’inesprimibile. Fissavo vertigini.» L’abisso dà vertigine: si può scegliere la morte, oppure la fuga in paesi lontani, oppure ancora l’invenzione di un linguaggio che spezza la norma, riforgia l’universo, esprime l’inesprimibile, sublima l’abisso. Il nuovo verbo è fatto di profumi, suoni, colori, e di sensi, il verbo dei sensi che solo con i sensi si può recepire, creando corrispondenze: fra il colore, primo oggetto della percezione, cioè prima comunicazione tra l’umano e l’universo circondante, e la vocale, suono primordiale, unità fondante del linguaggio, cioè della possibilità dell’umano di esprimere l’inesprimibile. Per decostruire l’alchimia di questo verbo bisogna essere veggente. Stefano Agosti penetra nel santuario di Rimbaud: legge il sonetto delle Vocali e decifra la grammatica della visione di uno dei più insolvibili enigmi letterari: A come Alpha, O come Omega, e i vocaboli che danno accesso all’Oriente mentale del poeta: escremento, aurora, sangue, buio, acqua. In seconda battuta Stefano Agosti ricostruisce la razionalità sotterranea di «È forse almèa?», quartine notturne e oniriche, parola fulminata e fulminante, atto metafisico e soluzione espressiva di complessità estrema. Qui si innesta il nuovo Rimbaud, il penultimo Rimbaud, irreligioso e mistico demiurgo di quella parola che precede il silenzio di tutte le parole, quale è (quale sarà) la parola delle Illuminazioni.
Stefano Agosti è professore emerito dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Realtà e metafora. Indagini sulla «Recherche» (Feltrinelli, 1997), La parola fuori di sé. Scritti su Pasolini (Manni, 2004), Il romanzo francese dell’Ottocento (il Mulino, 2010; premio Francesco De Sanctis per la critica letteraria) e Una lunga complicità. Scritti su Andrea Zanzotto (il Saggiatore, 2015). Il governo francese lo ha insignito dell’onorificenza della Legion d’Onore.
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