I conquistatori romani li hanno chiamati «barbari». Cesare e Tacito ne hanno descritto gli usi primitivi, lo stile di vita selvaggio, le forme di organizzazione politica elementari: popoli senza alcuna tradizione scritta, con una scarsa identità sociale. Sono le popolazioni celtiche e germaniche che l’impero romano incontra, combatte e ingloba nella sua espansione in Europa, dalle Gallie alla Germania fino alla Britannia. Da allora il termine «barbaro» è sinonimo di arretratezza e inciviltà, un marchio con cui stigmatizzare l’altro ritenuto inferiore.
Negli ultimi decenni, tuttavia, ricerche e studi archeologici hanno modificato la nostra percezione di questi popoli, rivelando un quadro sociale e culturale molto complesso e variegato. A partire da questa nuova prospettiva, Peter S. Wells propone una storia alternativa dell’epoca romana e compie un viaggio nel tempo che dall’età del Ferro giunge fino al III secolo d.C.: resti di mura e templi, vasellame, gioielli, manufatti e monete provano l’esistenza di civiltà evolute, che dopo la conquista romana entrano in simbiosi con la cultura dei «vincitori» e svolgono un ruolo fondamentale nella trasformazione della società romana in ambito commerciale, militare e religioso.
La parola ai barbari smentisce consolidati luoghi comuni e rende manifesta un’interazione culturale ricca e feconda, nella quale i tradizionali ruoli di conquistatori e conquistati sono stati in realtà meno rigidi di quanto tramandato dalla storiografia. È questo l’humus che ha reso fertile il terreno su cui si è sviluppata l’Europa, e da cui si è formato il primo nucleo della nostra identità.
Traduzione di Maria Grazia Gini
Peter S. Wells, professore di antropologia alla University of Minnesota e archeologo, ha condotto scavi archeologici nel Sud della Germania per quasi trent'anni. È autore di diversi testi sull'Europa preromana e romana.
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